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Contro la solitudine dell’insegnare. Intervista a uno dei primi ideatori in Italia del progetto mentori

Il progetto “Comunità di Mentori” per la didattica è iniziato all’Università di Pisa nel 2022, quando un gruppo di docenti e ricercatori di varie discipline ha cominciato un percorso di formazione per diventare ‘Mentore’.

Il progetto nasce dell’esigenza di migliorare la propria didattica e di condividere valori e pratiche di insegnamento al fine di offrire sostegno attivo a colleghi, gruppi di docenti e strutture.

Per raccontare come è nato tutto, la parola va al “Mentore-0“, il professore Nuccio Scialdone che nel 2013 insieme a quattro colleghi ha promosso all’Università di degli Studi Palermo il primo progetto “Mentore per la didattica“.

Professor Scialdone? Ci possiamo dare del “tu”? Ci racconti di te in poche parole?

Certo. Il mio nome è Onofrio anche se quasi tutti mi chiamano Nuccio. Sono un professore di Chimica Industriale dell’Università degli Studi di Palermo. Tengo tre corsi per studenti di ingegneria e svolgo ricerche soprattutto nel campo dell’elettrochimica per la protezione dell’ambiente. Scrivo per hobby romanzi e racconti. Sono uno dei fondatori del Progetto Mentore dell’Ateneo di Palermo.

Come e perché nasce a Palermo nel 2013 il progetto “Mentore per la didattica”?

In quel periodo, la maggior parte dei docenti universitari insegnava senza avere ricevuto una formazione specifica sulla didattica e senza la possibilità di ricevere un supporto adeguato. Il docente si ritrovava in una condizione di solitudine dinanzi alla propria classe e spesso non disponeva di strumenti per comprendere, interpretare e vagliare la propria prestazione e, di conseguenza, si limitava in molti casi, a replicare modelli tradizionali di insegnamento basati sulla trasmissione di contenuti talvolta in modo poco efficace. 

Il Progetto, nato da un’iniziativa di cinque docenti e amici dell’Università di Palermo, proponeva un lavoro di comunità finalizzato al miglioramento della qualità dell’insegnamento.  In particolare, mirava a rompere la solitudine del docente, chiamato mentee, e fornirgli informazioni sul proprio insegnamento e suggerimenti su come migliorarlo grazie all’aiuto di colleghi docenti, partecipanti al progetto, chiamati mentori. Inoltre, venivano fornite al docente attività di formazione e di approfondimento per consentirgli di acquisire consapevolezza sulla propria didattica e su modelli/approcci alternativi e si cercava di sperimentare nuove metodologie e approcci su insegnamenti pilota, da estendere in seguito ad altri insegnamenti.

Oggi partecipano al programma circa 130 docenti che hanno formato una comunità di pratiche e di condivisione di problemi e opportunità molto attiva e appassionata.

Cosa vuol dire essere Mentore?

Per noi, vuol dire mettersi a disposizione del collega, il mentee, per aiutarlo a migliorare e, quindi, accumulare informazioni sulla sua didattica al fine di dargli consigli e stimoli e discutere con lui i suoi dubbi e le sue idee. Un mentore, in definitiva, per noi è un pari che dà una mano al collega a migliorare fornendogli un punto di vista esterno.

Come vedi la nascita di progetti simili in altri atenei come quello di Pisa?

Con grande entusiasmo! La nascita di diversi progetti, in parte simili e in parte diversi, può consentire di creare una rete a livello nazionale che, tramite un confronto aperto e costruttivo, può consentire a tutti di migliorare e, sperabilmente, di trovare una via italiana al miglioramento della didattica. In particolare, sono molto incuriosito dal progetto che si sta sviluppando nell’Ateneo di Pisa.

Adesso che non legge più nessuno. Mi scrivi cosa vuol dire per te insegnare?

Adoro insegnare. Ogni volta che entro in classe, mi sento come un attore che entra in scena, seppure con alcuni obiettivi diversi. Come l’attore, il docente deve raccontare una storia riuscendo a interessare e coinvolgere gli studenti. Interessare e coinvolgere è però per il docente solo il mezzo attraverso il quale riuscire a raggiungere l’obiettivo finale, ossia favorire l’apprendimento dello studente. Comincio ogni lezione con la speranza di riuscire ad accendere in loro il piacere e la curiosità di apprendere l’argomento del giorno e di aiutarli ad apprenderlo e alla fine di ogni lezione mi domando se ci sono riuscito, almeno in parte. Ancora oggi, dopo numerosi anni di insegnamento, a volte mi rispondo di sì e altre di no.

Ugo Borello,

Neurobiologo e mentore a UNIPI

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